LA CROCE PALEOCRISTIANA PIU’ ANTICA AL MONDO.
La leggenda vuole che, prima della fondazione di Casteltermini, delle vacche che pascolavano nelle terre del feudo Vaccarizzo, si allontanavano dirigendosi verso la campagna di Chiuddia, evento che si ripetè per diversi giorni. Il custode delle stesse, incuriositosi di detto fatto, si accorse che esse, giunte in un punto ben preciso e sempre lo stesso, si inginocchiavano. Sorpreso del fenomeno, cominciò a scavare e con grande meraviglia venne alla luce una Croce lignea.
Detto custode legandola alle vacche tentò di rimuoverla, ma con grande meraviglia la Croce non si spostava ne davanti ne indietro. Corse così a raccontare il fenomeno agli abitanti dei feudi vicini che, in festa, andarono nel luogo del ritrovamento.
Nello stesso luogo gli anziani decisero così di costruire una chiesetta per custodire il prodigio rinvenuto, l’attuale Eremo di Santa Croce.
Questa la leggenda tramandata fino ai giorni nostri.
Molti gli studi fatti sulla Croce, certamente tra i più significativi quello del prof. Francesco Lo verde nel 1984 che per stabilire l’età della Croce si è rivolto ad un famoso laboratorio, quello dell’Istituto Internazionale per le Ricerche Geotermiche di Pisa, il più rinominato d’Italia, fra i migliori in Europa, che opera per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Qui un campione di legno, da lui prelevato dallo stipide della Croce, è stato sottoposto all’esame del carbonio 14 (C14) che è in grado di stabilire con bona approssimazione, l’epoca in cui l’albero è stato abbattuto.
L’esame ha condotto allo strabiliante risultato che la quercia, del cui legno è fatta la Croce, è recisa nell’anno 12 d.C. con una incertezza massima di appena 70 anni.
Su quando e da chi è stata costruita la Croce si possono formulare soltanto delle ipotesi. Si crede siano stati, come da leggenda, contadini e pastori adoperando il legno di alberi appena abbattuti, oppure qualche tronco già abbattuto ma con poche probabilità di essere secco di secoli ma al massimo di qualche anno, per cui, data l’età comprovata di quel legno, l’epoca di costruzione della Croce ricade ampiamente nel primo secolo dell’era cristiana.
La Croce entra in pieno diritto nella storia e, cessando di essere una qualsiasi delle tante venerate sugli altari di tutto il mondo, diventa la più antica Croce che esista (non si conoscono infatti reperti paleocristiani di età comprovata maggiore di quella della nostra Croce).”(*6)
La Croce è di legno di quercia tre tronchi grossolanamente ridotti a sezione quadrata uniti da tre chiodi di ferro ribattuti. Alta 3,49 e larga 2,25 metri è di aspetto rustico, con numerosi forellini dovuti ai tarli, specialmente nella traversa. Nel tronco verticale, all’altezza del chiodo centrale che lo lega a quello orizzontale, è segnato da spacchi longitudinali che hanno danneggiato le iscrizioni incise sul tronco, incisioni che hanno colpito di interesse vari studiosi del presente e del passato, interpretate da loro nel tentativo di svelare i tanti misteri che vivono nella Croce.
Alla sommità della Croce c’è un incavo di forma rettangolare profondo 3,5 centimetri, largo 3,5 centimetri e alto 11 centimetri, di cui non si conoscono nè la funzione nè l’età. Si crede che risalga a tempi relativamente recenti. Forse fu fatto per prelevare una reliquia dal legno, forse per costruirvi una piccola teca che contenga qualche reliquia.
Al di sopra di esso stanno le lettere:
I.N.R.
+ I. +
Sulla traversa stà scritto:
(1°rigo)
“Ecce crucem domini nostri Jusu Christi fugite partes adversae vicit leo de tribu Juda”
(2°rigo)
“Radix David Alleluja Alleluja”
E sotto:
I.N.R.I.
P.M.H.L.
S.D.P.C.N.
In anno Do
mini V ind
1667
E sul retro:
I.N.R.I.
” Christum vincit Deus regnat Christus rex venit in pace Deus homo factus est Et verbu… caro factum est”
Il G. Pitrè in “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani (Palermo 1875, pag.74)” riporta: “…scavannu scavannu truvaru ‘na cruci, ch’ancora esisti nni la chiesa di Santa Cruci, e cc’è un scrittu chi nun si pò lejiri da nisciuna pirsuna.”
Il can. Lo Bue, tra i primi a studiare dette incisioni, non si accorse della lettera “P” posta fra la “D” e la “C” perchè in parte cancellata da una lesione. Egli non riuscise ad interpretare le otto lettere (i suoi studi sono anteriori al 1888, anno della sua morte).
Il sacerdote Vincenzo Gaetani il 23 aprile 1890 scopre per primo la lettera “P” e pubblica il 4 febbraio 1895 (Palermo tipografia Boccone del Povero)
“Trina Comunicazione” dove legge così le nove lettere
P.M.H.L.
S.D.P.C.N.
Pro martyribus Huis Loc
i Saeviente Decii Persecutione Cruce
Scrivendo a pag. X : Dessa fu rinvenuta nel 1667, che corrisponde a 38 anni dopo la fondazione di Casteltermini; ed in modo miracoloso, come abbiamo per tradizione…”
Continuando a pag. XIV: ..servì di supplizio ai martiri della fede cristiana in quella località, e che cessata la persecuzione, anco con la distruzione della terra o città che sorgeva in quella adiacenze, i fedeli cristiani raminghi che scamparono, raccolsero la detta Croce, e, pria di sotterrarla, vi scolpirono od incisero le sole nove lettere maiuscole. Tutte le altre lettere iniziali, crocine, iscrizioni e piccola croce, vi furono scolpite ed aggiunte nel 1667, cioè 38 anni dopo che fu fabbricato Casteltermini, quando miracolosamente avvenne la invenzione della detta Croce.
Il Gaetani suppone quindi che la chiesa di Santa Croce venne costruita dopo la data 1667 incisa nella Croce.
Lo storico Gaetano Di Giovanni rileva tra i più antichi documenti un atto del notaro G. B. Lo Brutto datato 19 marzo 1676 nel quale un tale A. Turesi “…legat Venerabili ecclesiae sanctae Crucis, extenti in pheudo Chiudiae, ut dicitur: novi campani di vacchi con suoi cullari di legno, cioè sei campani nella casa sua e tre sono sopra li vacchi di D. Antonino Lo Castello, quali vuoli si impegnano in beneficio della porta di detta chiesa….”(*1) concludendo quindi: “che la chiesa preesisteva da parecchi secoli, tanto che la porta era già invecchiata e forse quella porta non era stata la prima”.(*2)
(Il Di Giovanni in un altro suo lavoro fa riferimento ad atto notorio con stesso notaio, data e oggetto ma con il nome Angelo Ferreri al posto del A. Turesi (*3). Il dott. Francesco Lo Bue ritiene si tratti della medesima persona …un errore di lettura del Di Giovanni…(*4); tesi sostenuta successivamente anche dal prof. Giuseppe Schifanella convalidando il nome di Angelo Ferreri del quale riscontra il cognome tra le famiglie venute a Casteltermini nel periodo 1645/1691, riportati dal Di Giovanni in “ Notizie storiche su Casteltermini e suo Territorio” nella pag. 503 (*5)).
Un attento esame paleografico sulle incisioni della Croce accerta che una sola mano ha eseguito tutte le iscrizioni e le nove misteriose lettere vengono così lette dal Lo Verde:
P.M.H.L.
S.D.P.C.N.
Propria Manu Hoc Lignum
Sacerdos Domini Paolinus Chiarelli Notavit
Cioè: “di sua mano questo legno il Sacerdote Don Paolino Chiarelli scolpì. Paolino Chiarelli, nato a Sutera nel 1617, era venuto a Casteltermini nel 1650. Nel 1667 aveva 50 anni ed era il prete più anziano del paese. Visse fino ad 82 anni.
Sotto le nove lettere:
IN ANNO DO
MINI V ind
1667
che significa :
“Nell’anno del Signore, quinta indizione, 1667”
Quindi tra il primo gennaio e il 31 agosto 1667.
L’indizione era un computo cronologico, largamente usato nelle datazioni fin dai tempi di Costantino, basato su un periodo di 15 anni numerati progressivamente da 1 a 15. In Sicilia essa aveva inizio col 1° settembre di ogni anno. Siccome i computisti facevano cominciare il primo ciclo a partire dall’anno 3 a.C., l’indizione corrisponde ad un certo anno che si può calcolare aumentando di tre e trovando il resto della divisione per 15 del numero così ottenuto; se il resto è zero, l’indizione si considera come quindicesima. Se, per esempio, l’anno in questione è il 1667, giacchè si ha:
1667+3=111*15+5,
si trova la quinta indizione.
La Croce continua tutt’oggi a vivere tra leggende, misteri e storia, chi la vede come strumento di martirio, chi come un prezioso reperto paleocristiano, chi come strumento fra i tanti adoperati dai baroni fondatori di nuove terre nei secoli XVI XVII, al fine di attirare gente dai paesi e dai feudi vicini: “Quei novelli abitatori diventavano vassalli del barone che in virtù dei nuovi fuochi (famiglie) acquistavano più alto prestigio nel viceregno e nel parlamento siciliano.”(*7)
In ogni modo è e resterà un mistero che per il popolo di Casteltermini e solo nascosto nella mente degli avi e che il Tataratà , con la sua danza di ringraziamento e di prosperità, continua e continuerà nei secoli a venerarla ed a festeggiarla.
Il dr. Fulvio Galione, presidente dell’Associazione Folklorica Culturale Tataratà di Casteltermini, è stato il promotore nel febbraio del 1998 del restauro della Croce contattando il funzionario responsabile la Sovrintendente ai Beni Culturali Pietre Dure di Firenze Dott.ssa Cecilia Frosinini. Dopo avere concluso l’iter sul restauro, per motivi burocratici (doveva essere un ente pubblico e non un privato), la pratica è proseguita con l’intervento dell’Amministrazione Comunale con Sindaco Stefano Licata. Grazie alla concessione di una quota dell’otto per mille dell’Irpef, sono stati assegnati, nel 1999, £20.700.000. Il restauro a quindi avuto inizio e si è concluso nel 2001 ad opera della restauratrice Costanza Weiss.
TESTI IN DIALETTO
” A li tempi antichi un omu guardava vistiami, e ogni jornu un vò si mittia ‘n cunicchiuni nni ddu datu puntu unni jè la Chesa di Santa Cruci; e siccomu fu pri tri vonti, lu vujaru nni fici rivelu nni li paisi vicini di stu fattu. Partì la pupulazioni pri jiri a scavari nni ddu datu puntu, e scavannu scavannu truvaru ‘na cruci, ch’ancora esisti nni la chiesa di Santa Cruci, e cc’è un scrittu chi nun si pò lejiri da nisciuna pirsuna. Pua cc’eranu li Saracini chi facianu la guerra a li Cristiani, chi jè la forma di lu nostru tataratà, e la facianu pri acquistari sta Cruci. Li Saracini pierseru e li Cristiani cci ficiru sta chiesa.”
G. Pitrè in “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani” (pag.74) Palermo. 1875
SANTA CRUCI
“ Santa Cruci veru degna di ncapo nni nascì u verbu eternu ia v’aduru pi lù Santissimo legnu scansatemi di peni e di fiammi e di peni eterni di lu infernu”
LU SEGNU DI LA CRUCI
“Onnipotenza di lu Divinu Patri
Sapienza di lu divinu figliu
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi la Verginità di Maria Cunciditimi tutti li grazii chi vuggliu ia”
(*1) G. DI GIOVANNI: Origine di alcuni proverbi, motti e modi proverbiali castelterminesi – Ristampa: Bologna – Forni. 1980 pag.111
(*2) G.DI GIOVANNI: Gli edifici sacri territoriali anteriori a Casteltermini – Girgenti – Montes, 1902 ???. Pag.14
(*3) G. DI GIOVANNI: Origine di alcuni proverbi, motti e modi proverbiali castelterminesi
(*4) F. LO BUE: Uomini e fatti di Casteltermini – Palermo 1985 vol. II pag 61
(*5) G. SCHIFANELLA: Una Croce nella leggenda e nella storia – Agrigento – 1989 pag.12.
(*6) F. LO VERDE: La Croce paleocristiana e il Tataratà di Casteltermini – S. G. Gemini AG – 1990 pag.10 e 11
(*7) G. SCHIFANELLA: Una croce nella leggenda e nella storia – Agrigento 1989- pag 23